Abbiamo incontrato Suor Nadia per un dialogo a tutto campo sulla nuova “Provincia Europa” e il suo servizio che intraprende come Superiora Provinciale.
Suor Nadia, la Congregazione delle Suore di S.G.B. Cottolengo sta vivendo un processo importante della propria storia, che si innesta della storia quasi bicentenaria della Piccola Casa della Divina Provvidenza. La celebrazione del 6 agosto è una tappa di un cammino iniziato con l’XI Capitolo Generale della Suore del Cottolengo. Come avete vissuto questo percorso?
Il tempo che stiamo vivendo se da una parte registra la diminuzione numerica delle suore dall’altra vede un aumentato desiderio di unirsi, di incontrarsi e di ascoltarsi. Un desiderio che risponde alle aspettative della Chiesa, su impulso di Papa Francesco, di costruire «comunità sinodali». Si tratta di un processo, emerso proprio grazie al percorso di preparazione verso l’unificazione delle province, studiato e predisposto con grande attenzione dal Consiglio Generale e dai Consigli Provinciali.
Secondo quanto richiesto dal Capitolo siamo state aiutate a vivere questo momento di passaggio con fede e con un grande invito a lasciarci coinvolgere.
È stato un percorso che ci ha veramente preparate ed entusiasmate; soprattutto ci ha colmate di speranza, nutrendo la voglia di andare avanti insieme.
Che cosa vuol dire «costruire comunità sinodali» per rispondere ai segni dei tempi?
La sinodalità stessa è un segno dei tempi, in quanto è l’espressione di una Chiesa che nonostante le difficoltà, anzi proprio per le difficoltà, sente il bisogno di andare al cuore del nostro stare insieme per condividere maggiormente e per cercare insieme nuove vie da percorrere. Il cammino di preparazione verso l’unificazione delle province ha fatto nascere in noi qualcosa di bello e di nuovo, da custodire nella gioia. Abbiamo sentito in noi un senso di attesa, di speranza e di novità. Anche se i numeri si riducono, vogliamo comunicare di più, cercare insieme nuove vie perché solo insieme troviamo meglio il senso di ciò che stiamo vivendo.
«L’unificazione», aveva detto la Superiora Generale Madre Elda Pezzuto nell’indire il percorso che la Congregazione sta vivendo, «è prima di tutto un cammino interiore, del cuore, alla sequela del Cristo Risorto, da intraprendere come Maria Maddalena: siamo donne testimoni del Risorto e, come discepole, con audacia, ci mettiamo in cammino certe che Gesù Cristo può anche rompere gli schemi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina…». Suor Nadia, che cos’è questa audacia?
L’audacia della speranza e del coraggio. Per leggere e vivere i segni dei tempi ci vuole, infatti, forza e coraggio. Così si può nutrire la speranza, con la consapevolezza che c’è sempre una speranza che scaturisce dalla buona novella del Vangelo.
Lei sarà la prima Superiora della nuova Provincia Europa. Quali sono le sfide che vede davanti?
In primo luogo non possiamo dimenticare la storia da cui proveniamo. Le nostre sorelle, dalla fondazione della Piccola Casa e della Congregazione, hanno seminato fiumi di bene, di carità, di generosità e di dedizione, anche eroica. Le nostre radici, allora, ci aiutano e ci aiuteranno a portare ancora frutti. Viviamo nella gioia e nella riconoscenza per la nostra vocazione che resta un dono grande, sempre. La nostra scelta di vita ha, infatti, ancora molto da dire alle giovani di oggi che sono alla ricerca di un senso per la loro vita. Noi siamo e rimaniamo «serve dei poveri» in qualunque situazione e servizio, direttamente e indirettamente, nella giovinezza e nell’età matura e anziana, nella serenità e nella croce, nell’entusiasmo e nella malattia, nel servizio umile e nella responsabilità, nella vita semplice e nella complessità. Sì, siamo e restiamo «fedeli serve dei poveri», come diceva il Santo Cottolengo. Viviamo nella fiducia e nella speranza in questo oggi con le sue sfide, ma anche con le sue possibilità che solo la speranza fa intravedere. C’è sempre una speranza!
Con quali sentimenti si sta preparando a questo nuovo servizio?
Il sentimento che, insieme ad un po’ di timore, mi accompagna è questo: sono contenta di poter essere vicino alle sorelle in questo tempo storico, tempo di cambiamento e di complessità, tempo di sfide e di crisi per i grandi valori della nostra tradizione. Mi consola il fatto che nella Chiesa non siamo sole a vivere la sfida della speranza, della gioia e del volerci bene. Insieme alla Chiesa e a tutta la Piccola Casa, dunque, che si preparano al grande Giubileo del 2025 anche noi siamo «pellegrine di speranza».